So much love that concerns you.

E così proprio come oggi, tre anni fa, su quella panchina di quel parco, ci dichiarammo; tu a me ed io a te. Ricordo ancora molto bene, il tuo sguardo soddisfatto quando mi chiedesti se a me tu piacevi; sapevi già ancora prima di domandarmelo che il tuo sentimento era ricambiato, vero? Inizialmente stentavo a credere che ciò che mi stessi dicendo era autentico, reale e che non fosse solo l’ennesimo inganno, ma poi davanti a quel tuo modo di guardarmi così intensamente mi sono sciolta e così pure i miei dubbi. Non puoi nemmeno immaginare quanto ero felice di sapere ciò che provavi nei miei confronti; mi sentivo realizzata, soddisfatta perché tu mi sei sempre piaciuto, fin dall’estate 2009. Poco tempo dopo quel bacio che m’avevi dato, ha iniziato a crescere un sentimento che all’inizio era semplicemente una banale sbandata, ma che poi, a lungo andare è diventato un qualcosa di più profondo, solido, ardente. Ma poi, quando tu ti mettesti insieme a quella ragazza, tutto crollò. Versavo lacrime su lacrime, pensando che stavi per sempre con lei. Mi sentivo eclissata, cancellata come se io per te non fossi mai esistita. Ma nonostante tu fossi assieme a lei, gli sguardi verso di me erano sempre presenti e così io non capivo, non ero in grado di comprendere perché tu in ogni occasione a cui prendevamo parte entrambi stavi sempre là a fissarmi. Il tuo comportamento paradossale non faceva che confondermi anche se non era in grado di mettere in discussione il sentimento che provavo per te. Quello era sempre là forte, duraturo, saldo e vivo. Passò così un anno e mezzo circa. In questo periodo riuscii momentaneamente a sganciarmi da te, anche se solo all’appartenza; conobbi infatti colui che divenne il mio primo ragazzo serio con cui trascorsi un periodo bellissimo e con cui ero certa sarei riuscita a dimenticarti, a cancellarti; così però non avvenne poiché lui fu influenzato (molto probabilmente da un tuo amico e da te) e prese ad evitarmi, spezzando così il legame che ci univa. Non puoi nemmeno riflettere quanto io ci sia stata male, avevo pure ripreso ad autolesionarmi cercando così di concentrare il cervello sul dolore fisico, preferibile a quello psicologico. Così trascorsi nove lunghi e apparentemente interminabili mesi in un costante stato depressivo, finché all’inizio di giugno 2011 avvenne una cosa che non mi sembrava reale. Due mesi prima t’eri lasciato con la tua ragazza e fu così che tornasti da me. Ero totalmente sorpresa. Fu grazie a te che io riuscii ad annullare il ricordo doloroso della separazione tra me e il mio ex. Pensa poi alla mia contentezza quando tu mi dicesti che ti ricordavi il nostro primo bacio. Se te lo ricordavi forse una ragione c’era e cioé che non t’era stato indifferente. Iniziammo così a frequentarci, a sentirci e fu uno dei periodi più belli. Mi sembrava di vivere in una bolla dove ogni cosa era fantastica, dove ogni cosa trovava il suo posto adeguato. Ma poi venne settembre e le nostre conversazioni terminarono. Io ero troppo timida per chiederti cosa era successo e nemmeno tu lo chiedesti mai a me. Ripresi a stare male, ogni mia certezza venne meno e i perché presero a tormentarmi la mente. Ogni volta che ci incontravamo da qualche parte ci mettevamo a fissarci reciprocamente. Nel 2012 iniziai l’università e fui quindi costretta a incontrarti ogni giorno in facoltà visto che anche tu la frequenti, anche se un anno avanti rispetto a me. Talvolta capitava di salutarci, oltre che il solito starci a guardare, ma niente più. Questo fino a maggio 2014, dove dopo un concerto e dopo tre anni di silenzio tu mi parlasti. Pensavo fosse la svolta che tanto avevo aspettato, ma nonostante ci fossimo riparlarti, siamo ancora ricaduti in questa situazione di stasi, dove ci salutiamo (a volte) e ci osserviamo. Non sai quante volte il mio pensiero ritorna a tre anni fa, quante volte risento nella mente quelle tue parole così meravigliose. Sabato C., è venuto a chiedermi un’altra opportunità, sai? Ma ho rifiutato perché sono (ancora) innamorata di te. Da cinque anni.

My skin is injured, but I feel relaxed.

E così dopo quattro anni, oggi pomeriggio mi sono (di nuovo) graffiata con l’ago. Cazzo, nonostante l’iniziale dolore della punta fredda sulla mia pelle sottile, dopo poco ho iniziato a provare sollievo. Sentire la pelle come se stesse bruciando, mi ha fatto stare un pochino meglio. Era da parecchio che non sperimentavo più questa sensazione, però cazzo se m’è piaciuta. Non ricordavo più come l’autolesionarsi dia quella sensazione immediata di sollievo da tutto il dolore psicologico, come faccia sentire meglio, come distoglie il cervello dalle emozioni per farlo concentrare sul dolore fisico. So che quando uno procura dolore al proprio corpo consapevolmente e deliberatamente, il cervello rilascia delle endorfine, sostanze con effetti analgesici simili a droghe come la morfina e l’oppio; ecco perché mi ha dato un certo sollievo graffiarmi. Era da un po’ di tempo che avevo un forte craving per tutto quello che sta succendo, e così, oggi dopo quattro anni quasi che non lo facevo più, ho ceduto alla vocina che mi diceva di farlo. Non ho saputo resisterle.

Craving for cutting.

Ultimamente sto pensando un sacco a quando ero solita tagliarmi (o per meglio dire, graffiarmi). Sarà che in questo ultimo periodo sto proprio di merda. Le mie cosidette “amiche” non sono più disponibili ad ascoltarmi o forse non lo sono mai state, ora due di loro iniziano pure a lavorare in un locale, e quindi non le vedrò più, non potrò raccontare più niente perché saranno sempre troppo impegnate. Quando non lavoreranno staranno coi rispettivi ragazzi, e io finirò ben presto nel dimenticatoio. Inoltre ieri, una di loro mi trattatava con estrema freddezza, credo per divertirsi, perché ci gode un casino che io soffra. Ma nonostante c’ho stasera ho deciso che vado comunque all’inaugurazione del nuovo locale, benché sappia perfettamente che nessuna delle due se lo merita veramente, ma almeno mi scrollo di dosso l’etichetta della “cattiva” che m’hanno affibbiato. Inoltre sono davvero curiosa di vedere come verrò trattata, anche se il mio incoscio lo sa già. Ho però dovuto tirare pacco a un’altra mia “amica”, alla quale ieri avevo detto che sarei andata con lei in un pub ad ascoltare musica punk. Peccato però che ieri l’altra sia riuscita a farmi sentire tremendamente in colpa, e così stamattina ero talmenta indecisa che l’ansia mi divorava, perciò ho deciso che stasera, finito di cenare, andrò all’inaugurazione, nonostante abbia l’umore a terra, nonostante mi piacerebbe decisamente di più andare a un altro locale ancora, parecchio distante da qui, dove so che lui stasera ci sarà. Probabilmente mi blocca il fatto che farei la figura della sfigata ad andare a questo locale da sola, senza qualcuno che venga con me, e quindi purtroppo, rinuncio. Ad ogni modo ultimamente dicevo, sento un craving pazzesco per l’autolesionarmi, voglio distruggermi, uccidere la mia persona borderline, disintegrarmi. I pensieri suicidi sono all’ordine del giorno, non mi danno tregua, e io penso e ripenso a quando appunto mi graffiafo con un ago da cucito. Ricordo come avevo iniziato, a provocare la crisi erano stati gli insulti che ogni giorno ricevevo, ma forse la goccia che proprio ha fatto traboccare quel benedetto vaso, è stato quando i miei compagni di classe avevano fatto un test per decretare la più bella della classe, e ovviamente nessuno aveva scelto o me, o forse quella volta che una tizia di un’altra classe mi era venuta vicino e mi aveva detto che ero un cesso e che facevo pietà. Ad ogni modo, iniziai così a graffiarmi tutti i giorni la pelle delle braccia, volevo vedere il sangue scorrermi sulla carne, volevo vedere la mia parte sbagliata scivolare fuori, abbandonare il mio corpo, andarsene. Poco dopo comunque, a ginnastica notarono i segni di quel disastro che m’ero combinata addosso, ma io mentii dicendo che a procurarmeli era stato un gatto che avevo stretto contro me con troppa forza e lui, arrabbiato com’era, aveva preso a graffiarmi. Era una bugia enorme, ma a me non m’importava affatto di mentire. Un’altra volta l’avevo fatto in Inghilterra, nel 2009. Non ricordo nemmeno il motivo per cui l’avevo fatto, ma m’ero allontanata dagli altri miei compagni e m’ero chiusa nel cesso, e avevo premuto a forza un ago di una spilla nella vena del braccio. Il sangue iniziò ben presto a scendere. Ero riuscita nel mio intento, m’ero bucata la vena. Il giorno dopo, avevo una specie di ematoma nel punto esatto in cui m’ero deliberatamente ficcata l’ago nel braccio, ma nonostante facessi fatica a muoverlo, ero pazzescamente attratta dal colore blu-violaceo del livido; spesso mi tiravo su la manica e stavo lì a fissarlo, non so bene per quale motivo. L’autolesionismo per me ha sempre rappresentato una distrazione momentanea dal dolore mentale, dalle ferite del cuore, dalle cocenti delusioni. Riuscivo per qualche momento a concentrarmi su qualcosa di diverso, ovvero il dolore fisico. L’ultima volta è accaduta nel dicembre 2010, quando ho anche tentato il suicidio, poi però d’allora non ho avuto neanche il craving. Ora però è tornato e paritcolarmente ardente tra l’altro. Temo che a breve cederò, alla fine che c’è di sbagliato nell’autolesionarsi? Proprio non lo capisco. E’ solo un modo di alleviare un po’ lo spirito.